La firma è un intrinseco bisogno di auto affermazione.Per un writer
scrivere il proprio nome (o meglio il proprio nome d’arte) sui muri è
parte integrante di una rigida disciplina di demarcazione di un territorio.
La firma, o meglio la TAG, è il prigenio contatto tra il writer e la città.
E’ il primo spazio incontro/scontro tra l’idea, il progetto e la sua realizzazione.
E’ veloce, chiusa, perfetta, sempre uguale e sempre diversa.
Per Hemo è un pretesto, un oggetto di studio, un modulo cromatico/compositivo
alla base di ogni sua opera.
La sua ricerca sui muri (outdoor) si è sempre ripercossa nelle sue opere,
sui più svariati supporti, in un cammino coerente di indagine della base
del writing:la Tag.
Il suo percorso analitico - empirico come quello di uno scienziato - consta
di fasi ben distinte: individuazione dell’oggetto d’analisi elaborazione formale
e studio progettuale; sviluppo del motivo decorativo; moltiplicazione seriale.
Da un lato l’evoluzione degli stili nel writing porterà inevitabilmente ad
una loro classificazione, e nel tempo ad un loro ordinamento sistematico,
dall’altro il legame con la strada e con le prime forme grafiche all’alba
della tecnica, non è mai andata perduto.
Il segno lasciato sui muri riporta la forma verbale, la scrittura appunto,
alla sua radice etimologica (skar; “scalfire”, “graffiare”), compiendo un
salto all’indietro che rifiuta la stampa a caratteri mobili e le successive
evoluzioni, tornando verso la pratica amanuense. Attraverso queste indagini
intraverbali, intralinguistiche Hemo ha sviluppato un tratto estremamente
“calligrafico” (si intenda: di affascinanante purezza formale) che
dal muro si sposta e contamina ogni supporto che accolga l’aerosol della
bomboletta. Si infiltra nei mezzi di comunicazione come i cartelloni pubblicitari,
ri-mediandoli attraverso il suo nome, ossessivamente ripetuto.
Non è strano poi, che si avvicini al video - sempre commistionandolo alla
pratica del Graffitismo - poiché la sua ricerca fa esplodere in mille pezzi
la scritta, e successivamente la ricompone in un numero infinito piccole
tag, con un chiaro rimando estetico e tecnico alla stesura delle tessere
di un mosaico e in rapporto omologico con i pixel che compongono gli
schermi che guardiamo continuamente.
La parola HEMO è divenuta un virus che contagia qualsiasi cosa tocchi.
Hemo, invece, un simbolista che dopo aver astratto un modulo, lo ripete,
mutandolo e giustapponendolo in greche decorative.
Claudio Musso
Critica Testo per arte Fiera_Off & Mostra "Decò_Tag" Sesto Senso Bologna